LOST TSUNAMI - (Lo tsunami dimenticato)

Il distacco di una consistente porzione del cono sommitale dell’Etna, l’inabissamento della frana nel Mare Ionio, lo tsunami che colpì tutto il Mediterraneo Orientale dall’Italia Meridionale all’Africa e al Medio Oriente; il cataclisma forse più imponente da quando si è affacciata la civiltà dell’uomo nel Mediterraneo.
E’ successo 8000 anni fa, ma solo ora gli scienziati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) ne hanno scoperto le prove. Gli autori di questo importante studio, che è stato appena pubblicato sul numero di Novembre della prestigiosa rivista internazionale “Geophysical Research Letters”, il Professor Enzo Boschi e la Professoressa Maria Teresa Pareschi illustreranno alla stampa come è nata e come si è sviluppata questa straordinaria avventura scientifica.
Il Capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, che ha finanziato la ricerca, illustrerà a sua volta quale lezione attualmente possiamo apprendere da questo disastro del passato, e ancora il Professor Stefano Tinti dell’Università di Bologna aggiornerà sullo stato dei lavori per la realizzazione di una rete di monitoraggio dei maremoti nel Mediterraneo.
L’Ingv coglie l’occasione di questa conferenza stampa per presentare la sua storica ma rinnovata sede in pieno centro cittadino, in via Nizza, che sarà prevalentemente dedicata agli appuntamenti con i media.
A tutti i giornalisti intervenuti sarà dato in omaggio un dvd con l’animazione tridimensionale a colori dello “Tsunami dimenticato” realizzata dall’Ingv della sezione di Pisa.
L’appuntamento è per il giorno 5 dicembre presso l’Ingv in via Nizza, 128 alle ore 14.30


Per maggiori informazioni:
Sonia Topazio (Capo Ufficio Stampa Ingv)
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C.S. del 30 novembre 2006


 13 Novembre - Giornata di lavoro sulla pericolosità sismica del territorio nazionale


Il giorno 13 novembre 2006 alle ore 10.30 presso la sede dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) di Roma alla presenza del Capo del Dipartimento di Protezione Civile, Guido Bertolaso, e del Presidente della Prima Sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Giovanni Guglielmi, il Presidente Enzo Boschi aprirà i lavori della Giornata di Lavoro dedicata ai dati di pericolosità sismica del territorio nazionale.

La nuova normativa sismica ha profondamente modificato l’impianto della protezione sismica del nostro Paese. Fino alla metà del 2003 due terzi dei comuni italiani non erano assegnati a zone sismiche; oggi, grazie ai nuovi dati sulla pericolosità sismica prodotti dall’INGV in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile, tutto il territorio è assegnato a una delle quattro zone sismiche nelle quali è richiesto un livello di sicurezza crescente.

L’11 Maggio 2006 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 aprile 2006, numero 3519, che contiene i “criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone”. L’Ordinanza stessa assegna alla mappa di pericolosità sismica denominata MPS04, predisposta da INGV e pubblicata sul sito istituzionale, il ruolo di riferimento ufficiale per eventuali aggiornamenti della classificazione sismica del territorio da parte delle Regioni, che ne hanno la competenza.

I dati sulla pericolosità sismica sono disponibili via web all’indirizzo http://zonesismiche.mi.ingv.it/., Oltre ad abbondante materiale illustrativo, il sito offre i valori di pericolosità sismica standard (10% di probabilità di superamento di livelli di accelerazione prefissati in 50 anni) calcolati su griglia con passo 0.05° e 0.02°. Tali valori sono presentati mediante mappe e tabelle scaricabili. Il sito consente anche di consultare le norme tecniche e le mappe di classificazione sismica dal 1984 in poi. E’ anche possibile inviare commenti e quesiti.

In aggiunta, un link permette il collegamento al sito del progetto INGV-DPC S1 http://esse1.mi.ingv.it/, nel quale sono disponibili ulteriori dati di pericolosità sismica visualizzabili e interrogabili mediante interfaccia WebGis opportunamente realizzata.

Con questa iniziativa l’INGV mette a disposizione dell’utenza scientifica, tecnica e amministrativa un insieme di dati aggiornato e qualificato direttamente utilizzabile per scopi di progettazione e di protezione civile.

La giornata, alla quale parteciperanno Assessori e funzionari delle Regioni, rappresentanti di categorie professionali e del mondo scientifico, si pone l’obiettivo di approfondire le modalità di utilizzo dei dati di pericolosità sismica e le eventuali esigenze future in questo ambito.


ufficiostampa INGV
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C.S. del 7 novembre 2006


 DICHIARAZIONE DA ERICE DI GIANLUCA VALENSISE, DIRIGENTE DI RICERCA INGV SU TERREMOTO MARCHE



"La scossa di stamani (magnitudo 4.4), che ha interessato una vasta zone delle Marche settentrionali ed è stata sentita distintamente anche in Umbria, è stata seguita da una replica di magnitudo 3.7, ed ha avuto un ipocentro a 30 km di profondità, un fatto che di per sé giustifica l'ampiezza della zona in cui è stato risentito (la gran parte dei terremoti avviene infatti entro i primi 15 km della crosta e per questa ragione gli effetti dinamici tendono a essere più circoscritti). E' quanto ha affermato il dirigente di ricerca Gianluca Valensise, ad Erice per coordinare un workshop mondiale sui terremoti in corso di svolgimento alla Fondazione Ettore Majorana.
"L'area interessata da questo terremoto non ha una storia sismica particolarmente lunga e ricca, ma è stata recemente oggetto di ricerche approfondite nel quadro di una convenzione tra la Regione Marche e l'INGV. Queste ricerche - ha aggiunto Valensise - hanno portato al riconoscimento di una zona sismogenetica profonda finora poco nota. La sequenza di oggi ha interessato questa zona sismogenetica, confermando il fatto che questo settore delle Marche è caratterizato da terremoti ben percepibili ma confermando anche il valore e l'importanza delle ricerche svolte nell'ambito della convenzione citata".

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Gianfranco Criscenti
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C.S. del 21 ottobre 2006


 TERREMOTI: SI TEME EVENTO CATASTROFICO A TOKIO
LA PROBABILITA’ ARRIVA AL 37% NEI PROSSIMI 30 ANNI

Gli oltre cento ricercatori di venti Paesi, riuniti alla Fondazione Ettore Majorana di Erice per il workshop “Probabilità dei terremoti e dello scuotimento”, hanno affrontato oggi il problema della ricorrenza dei grandi terremoti. Ross Stein, un ricercatore dell’U.S. Geological Survey degli Stati Uniti, ha presentato i risultati di una ricerca condotta da un team internazionale e finanziata da una grande compagnia svizzera di riassicurazione. La ricerca, che ha riguardato il prossimo grande terremoto di Tokyo, è giunta a risultati a dir poco sconcertanti. Il team di ricercatori è stato infatti in grado di mettere in evidenza che sotto la città di Tokyo esiste una grande faglia sismogenetica quiescente che potrebbe dare un terremoto di magnitudo 7.3 (si ricordi che il terremoto del 1980 dell’Irpinia ebbe magnitudo 6.9, e non avvenne certo sotto una capitale del calibro di Tokyo!). Esiste poi un’altra faglia quiescente capace di un terremoto di magnitudo 7.9, posta subito a est della Penisola di Boso e quindi a qualche decina di km da Tokyo. Queste due faglie vengono considerate le principali candidate per il prossimo grande terremoto di Tokyo, con una probabilità che si spinge fino al 37% per i prossimi 30 anni. Altre faglie ben note sono escluse da questa valutazione perché hanno già scaricato la loro energia in tempi relativamente recenti, come nel caso del terremoto di Kanto del 1923, e sono quindi attualmente in fase di “ricarica”. Gli stessi ricercatori stimano che, oltre a determinare alcune migliaia di vittime, un terremoto come quello atteso a Tokyo potrebbe produrre danni per 1000 miliardi di dollari, ovvero circa il 130% del prodotto nazionale lordo annuo del Giappone, generando oltre 100 milioni di tonnellate di maceriee. Di contro, Stein ha rimarcato che il patrimonio abitativo esposto a questa catastrofe potenziale è protetto da assicurazione solo per una quota inferiore al 5%.
“La presentazione di Stein – afferma Gianluca Valensise, condirettore del workshop di Erice e dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) - ha suscitato notevole interesse nel mondo scientifico anche perché rappresenta uno dei primi esempi di massiccia sponsorizzazione di una ricerca da parte del sistema assicurativo globale. I risultati presentati assumono speciale rilevanza alla luce del fatto che tra i provvedimenti previsti dalla controversa Finanziaria 2006-2007 vi è l’introduzione di una polizza assicurativa obbligatoria contro i danni da eventi naturali catastrofici, sul modello di quanto già avviene in numerose altre nazioni del mondo”.

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C.S. del 19 ottobre 2006


 CALCOLEREMO LA PROBABILITA’ DEI TERREMOTI FUTURI

“Pur non essendo ancora in grado di prevedere un terremoto, monitorando le aree a più alto rischio sismico del Paese – Sicilia Orientale, Calabria, Basilicata, Campania, Abruzzo e Molise - stiamo cominciando a stabilire quali saranno le zone che verranno colpite prima,le dimensioni dell’evento sismico ed il tipo di sollecitazione prodotta sulle strutture: scuole, ospedali e civili abitazioni, che generalmente si trovano in condizioni non particolarmente sicure”. Lo ha detto il presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), professor Enzo Boschi, aprendo alla Fondazione Ettore Majorana di Erice il workshop mondiale su “Probabilità dei terremoti e dello scuotimento”.
“All’indomani del terremoto dell’Irpinia – ha aggiunto Boschi – abbiamo avviato un avanzato sistema di monitoraggio e una serie di nuovi studi (e in particolare le ricerche per la costruzione di un catalogo sismico storico) che ci hanno adesso consentito di compiere un doppio salto di qualità: da un lato, una mappa sismica utile per la promulgazione di nuove norme antisismiche. Dall’altro – ed è questa la nostra ricerca più avanzata - un’analisi che ci consente – in termini probabilistici – di stabilire priorità tra le varie zone sismiche, già tristemente note; un lavoro che potrà fornire al governo elementi utili per l’attuazione di provvedimenti destinati alla riduzione del rischio sismico. E non a caso i risultati dei lavori di Erice sono seguiti con particolare attenzione dal capo del Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso, che ha fortemente voluto questo workshop.

“La mappa sismica - puntualizza Gianluca Valensise, dirigente di ricerca dell’INGV – valuta la propensione di ogni area a subire effetti dei terremoti , ma non esprime valutazioni su quando si verificheranno (previsione propriamente detta). Viceversa, le nuove analisi più avanzate puntano ad assegnare un livello di probabilità ai terremoti futuri e predire le caratteristiche di tali eventi attesi.In pratica, all’interno delle zone la cui propensione alla sismicità è nota, speriamo di identificare specifici settori in cui la probabilità di un terremoto è più alta della media”. Per Valensise, tuttavia, i progressi compiuti assumono una valenza significativa: “fino a cinque anni addietro era inusuale parlare di probabilità di accadimento di un evento sismico; oggi, invece, questa è una nuova frontiera della sismologia”.

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C.S. del 19 ottobre 2006


 RISULTATI STUDI INGV SI RIFLETTONO ANCHE SU COMPAGNIE ASSICURATIVE
(Per calcolare premio polizze obbligatorie previste dalla Finanziaria)

I recenti progressi compiuti in campo sismologico (le nuove analisi più avanzate puntano ad assegnare un livello di probabilità ai terremoti futuri e predire le caratteristiche di tali eventi attesi), per il presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), professor Enzo Boschi, <<non hanno soltanto un interesse scientifico, ma sono anche collegati ad un grande problema: quello delle assicurazioni obbligatorie, previste dalla Finanziaria>>.Per Boschi - oggi ad Erice, in occasione dell'apertura del workshop mondiale su <<Probabilità dei terremoti e dello scuotimento>>, che si tiene alla Fondazione Ettore Majorana - i risultati conseguiti <<saranno fondamentali per le Assicurazioni per stabilire l'entità dei premi>>. Il presidente dell'INGV ritiene che l'istituzione dell'assicurazione obbligatoria possa fungere da <<stimolo ad intervenire in attività di consolidamento degli immobili>>. In California, in assenza di una relazione antisismica le Assicurazioni non stipulano polizze ed i proprietari degli edifici non assicurati non possono vendere a terzi. <<Lì, però, - dice Boschi - i terremoti provocano vittime, ma non ci sono catastrofi>>.
Lunedì prossimo, ultimo giorno dei lavori del workshop di Erice, si terrà una tavola rotonda nel corso della quale sarà trattato il tema legato alle polizze assicurative per la copertura del rischio sismico.

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C.S. del 19 ottobre 2006


 Terremoti in Sicilia: il pericolo viene anche dal mare
(possibile uno tsunami con onde fino ad un metro)


"Un terremoto come quello del 1823, abbattutosi sulla costa settentrionale della Sicilia, potrebbe innescare uno tsunami con onde alte fino a 1 metro". Lo sostiene Gianluca Valensise, dirigente di ricerca dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), che in questi giorni coordina alla Fondazione Ettore Majorana di Erice un workshop mondiale sui terremoti. "Siamo, comunque, - puntualizza - su un ordine di grandezza completamente diverso dallo tsunami che colpì lo Stretto di Messina nel 1908, provocando un’onda con altezza massima fino a 10 metri". Valensise osserva inoltre che, "con poche eccezioni (come la parte bassa di Palermo e la zona di Termini Imerese), la costa settentrionale della Sicilia è molto alta ed i centri abitati sorgono sempre a una quota che li rende abbastanza ben protetti da questa eventualità".
Una delle novità più importanti che emergono dai più recenti studi sulla sismogenesi in Italia riguarda, dunque, la Sicilia Settentrionale.
"Il terremoto che ha colpito Palermo nel settembre 2002 - afferma Valensise - ha confermato un’ipotesi già avanzata in precedenza, secondo la quale esiste una importante zona sismogenetica allungata in senso Est-Ovest tra Ustica e le Eolie. Pur essendo in grado di generare terremoti fino a magnitudo 6.5 e forse più (confrontabili quindi con il terremoto del Friuli del 1976), questa zona sismogenetica si trova a 30-40 km dalla costa settentrionale della Sicilia, ovvero quasi a “distanza di sicurezza”. Questa nuova ipotesi rende ragione di alcuni terremoti storici, come quello del 1823, che hanno colpito duramente tutta la costa settentrionale siciliana ma senza raggiungere punte distruttive.Si sarebbe trattato quindi di un forte terremoto avvenuto ad una certa distanza dalla costa, e non di un terremoto più piccolo sulla costa, come si pensava fino a qualche anno fa.

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 Terremoti, Avviato ad Erice Workshop Mondiale dell'INGV

Il workshop su “Probabilità dei terremoti e dello scuotimento” - organizzato dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), i cui lavori si sono aperti stamani alla Fondazione Ettore Majorana di Erice (e proseguiranno fino a lunedi') si pone il concreto obiettivo di trasformare alcuni risultati della ricerca sismologica in dati immediatamente utilizzabili dalla società e dalle amministrazioni pubblica. Questa caratteristica del workshop, ben riassunta dal suo sottotitolo (“Aiutiamo la società a fare le scelte giuste”),passa attraverso il riconoscimento del fatto che in tutto il mondo lo sforzo verso l’impossibile obiettivo di prevedere puntualmente i terremoti (dove,quando, quanto grande) è stata sostituito da uno sforzo altrettanto importante verso un obiettivo molto più concreto: quello di identificare con certezza le sorgenti dei forti terremoti (dove), studiarne le caratteristiche fondamentali (quanto grande) e valutare in senso probabilistico la possibilità che tali sorgenti diano un forte terremoto in un determinato intervallo, ad esempio i prossimi 30 anni (quando). Il workshop porrà a confronto il modo con cui questo obiettivo viene perseguito dalle comunità sismologiche degli Stati Uniti, del Giappone, della Nuova Zelanda, dell’Italia e di numerosi altri paesi ad alto rischio sismico, anche in relazione alle specifiche caratteristiche della sismicità di ogni paese. I ricercatori italiani si aspettano che il workshop offra spunti e nuove strategie per affrontare il complesso mosaico della sismicità italiana, ma puntano anche a far conoscere ai colleghi stranieri come negli ultimi 20 anni l’Italia abbia saputo colmare un forte ritardo in questi discipline.
Il workshop è coorganizzato da Domenico Giardini, responsabile del servizio terremoti dell'ETH di Zurigo, da Kunihiko Shimazaki, professore all'Earthquake Research Institute di Tokyo, da Massimiliano Stucchi e Gianluca Valensise, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), e da Robert Wesson, dell'U.S. Geological Survey degli Stati Uniti. Ai lavori partecipano, complessivamente 110 scienziati provenienti da venti Paesi

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 DOMANI A ERICE WORKSHOP MONDIALE SUI TERREMOTI

Il workshop su “Probabilità dei terremoti e dello scuotimento” - organizzato dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e che si apre alla Fondazione Ettore Majorana di Erice domani, 19 ottobre, alle 9,30 - si pone il concreto obiettivo di trasformare alcuni risultati della ricerca sismologica in dati immediatamente utilizzabili dalla società e dalle amministrazioni pubblica. Questa caratteristica del workshop, ben riassunta dal suo sottotitolo (“Aiutiamo la società a fare le scelte giuste”), passa attraverso il riconoscimento del fatto che in tutto il mondo lo sforzo verso l’impossibile obiettivo di prevedere puntualmente i terremoti (dove, quando, quanto grande) è stata sostituito da uno sforzo altrettanto importante verso un obiettivo molto più concreto: quello di identificare con certezza le sorgenti dei forti terremoti (dove), studiarne le caratteristiche fondamentali (quanto grande) e valutare in senso probabilistico la possibilità che tali sorgenti diano un forte terremoto in un determinato intervallo, ad esempio i prossimi 30 anni (quando). Il workshop porrà a confronto il modo con cui questo obiettivo viene perseguito dalle comunità sismologiche degli Stati Uniti, del Giappone, della Nuova Zelanda, dell’Italia e di numerosi altri paesi ad alto rischio sismico, anche in relazione alle specifiche caratteristiche della sismicità di ogni paese. I ricercatori italiani si aspettano che il workshop offra spunti e nuove strategie per affrontare il complesso mosaico della sismicità italiana, ma puntano anche a far conoscere ai colleghi stranieri come negli ultimi 20 anni l’Italia abbia saputo colmare un forte ritardo in questi discipline.Il workshop è coorganizzato da Domenico Giardini, responsabile del servizio terremoti dell'ETH di Zurigo, da Kunihiko Shimazaki, professore all'Earthquake Research Institute di Tokyo, da Massimiliano Stucchi e Gianluca Valensise, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), e da Robert Wesson, dell'U.S. Geological Survey degli Stati Uniti. Ai lavori partecipano, complessivamente 110 scienziati provenienti da venti Paesi.

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C.S. del 19 ottobre 2006


 ERICE, WORKSHOP MONDIALE SU PREVISIONE DEL POTENZIALE DISTRUTTIVO DEI TERREMOTI

Recenti risultati scientifici in sismologia e nella valutazione del rischio sismico e della tettonica attiva stanno portando a una migliore comprensione del potenziale distruttivo dei terremoti.
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) nell’ambito dell’attività della Scuola internazionale di Geofisica della Fondazione Ettore Majorana, ha promosso -- dal 19 al 23 ottobre -- un workshop ad Erice con l’obiettivo di esaminare lo stato dell’arte sulla capacità di previsione di terremoti significativi. (Per previsione non si intende la capacità di stabilire a priori, con esattezza, data e luogo di un evento sismico, bensì la possibilità di conoscere la localizzazione e le caratteristiche dello scuotimento atteso; elementi, questi, di grande utilità per ingegneri civili ed urbanisti). E proprio in questa direzione l’INGV ha programmato cinque progetti di ricerca che coinvolgono l’intero rischio sismico della popolazione italiana; progetti che puntano a ottenere una conoscenza ancora più approfondita sul potenziale distruttivo dei terremoti italiani e sui loro effetti di scuotimento.
Il workshop – sponsorizzato dal Dipartimento italiano della Protezione Civile nell’ambito di un nuovo accordo con l’INGV - intende, inoltre, discutere progetti e modelli futuri e stimolare l’interazione fra gli scienziati impegnati su simili studi in diversi Paesi del mondo. Ai lavori partecipano i massimi esperti di sismologia provenienti da prestigiose università e centri di ricerca di Europa, Giappone e Stati Uniti, che si confronteranno sulle nuove frontiere della ricerca scientifica.

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C.S. del 16 ottobre 2006


 INGV IN PRIMA LINEA NELLA SICUREZZA PORTUALE
OSVALDO FAGGIONI NOMINATO DIRETTORE DEL COMSIPORT


L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha assunto un ruolo di primo piano nel settore della sicurezza portuale: il primo ricercatore Osvaldo Faggioni è stato nominato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici direttore di Comsiport (Commissione nazionale di studio dei flussi di marea metereologica per la sicurezza della navigazione di approccio portuale, delle opere marittime e dell'ambiente marino in ambito portuale). Faggioni - coordinatore del progetto "NMF Tcp", finanziato dalla Regione Liguria con risorse Fesr (Fondi europei di sviluppo regionale), che ha come obiettivo la costruzione, la validazione e la messa in linea di un prototipo di Stazione Mareografica Newtoniana - ha ricevuto anche delega alla ricerca e allo sviluppo. "La nuova soluzione strumentale per il controllo del franco d’acqua nei bacini portuali - spiega il neo responsabile scientifico di Comsiport - si basa sull’integrazione di tecnologia matura (mareografo, barometro, gravimetro) che per la prima volta converge nella misura dello spostamento non periodico di masse d’ acqua portuali. Il fenomeno che si osserva è lo spostamento di masse d’ acqua nei bacini portuali innescato dalla variazione del peso dell’ atmosfera: tale marea
(meteobarica) può indurre, nei porti dell’Alto Tirreno - aggiunge Faggioni - variazioni di mediomare 3-4 volte superiori rispetto a quello della marea astronomica". Il gravimetro misura la variazione di accelerazione di gravità dovuta alla variazione di peso dell’atmosfera (barometro), il mareografo la variazione di livello dell’acqua portuale che lo compensa; il tempo intercorrente fra il massimo del segnale inducente e quello del segnale indotto, estratto da adeguata statistica, è il termine previsionale del fenomeno. Centro propulsore della ricerca è La Spezia, dov'è in funzione, per la prima volta dalla costituzione della Rete Mareografica Apat, una stazione sperimentale meteomaregrafica Standard dedicata a questo tipo di studi. Il servizio sperimentale fornito dal progetto "NMF Tcp", in collaborazione con Servizio mareografico Apat, è stato lanciato nel 2005 in collaborazione con l ’Autorità Portuale di La Spezia ed attualmente è esteso ad una rete di controllo mediomare Alto Tirreno, costituita da Autorità Portuali di Genova, La Spezia, Marina di Carrara, Livorno, Piombino e Civitavecchia. Obiettivi applicativi della rete sperimentale mediomare sono: contribuire alla gestione della navigazione d’approccio (ottimizzazione dei carichi entranti per il massimo rendimento delle banchine), dei laschi d’ormeggio per la sicurezza dello stazionamento in banchina, della gestione della qualità delle acque portuali e quale parametro di ingresso nella progettazione di nuove opere marittime e dei lavori di ricostituzione dei fondali portuali.


Gianfranco Criscenti
Ufficio stampa Ingv
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C.S. del 4 ottobre 2006


MUSSI INAUGURA LA SECONDA GIORNATA DI GEOFISICA AMBIENTALE


“ Negli ultimi anni la geofisica ha fornito un prezioso contributo scientifico in diverse problematiche ambientali, come per esempio nella ricerca di rifiuti interrati e nello studio dell’ inquinamento sotterraneo”, dichiara il Prof. Enzo Boschi, Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), che mercoledì 4 ottobre prossimo aprirà i lavori alla seconda giornata di “Geofisica Ambientale” organizzata presso la sede capitolina in via di Vigna Murata, 605.
“Allo scopo di passare in rassegna i risultati e gli sviluppi futuri di questa promettente disciplina che viene ormai chiamata come geofisica ambientale, continua Boschi, l’INGV ha organizzato una giornata di studi con l’autorevole presenza del Ministro dell’Università e della Ricerca, Fabio Mussi, il Presidente della Commissione Territorio, Ambiente, Beni Ambientali, Sen. Tommaso Sodano, e con l’intervento del Capo Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso”.
La giornata si svolgerà con un programma di relazioni e con una tavola rotonda moderata dal giornalista scientifico Franco Foresta Martin, in cui si dibatterà in particolare di geofisica e inquinamento sotterraneo.
Oltre alle attività di ricerca svolte con tecniche geofisiche per individuare discariche abusive, rifiuti tossici interrati e per monitorare e contrastare alcune forme di inquinamento, anche con rilievi in mare e da elicottero, nel corso della giornata saranno presentati altri studi correlati alle problematiche ambientali come il monitoraggio dei campi elettromagnetici naturali e artificiali, il monitoraggio dell’inquinamento marino da idrocarburi, quello dei corpi idrici sotterranei, le osservazioni multiparametriche da fondale marino, il telerilevamento, il degassamento naturale e le misure magnetiche delle polveri sottili per la determinazione dell’inquinamento atmosferico.
In tutto sono in programma una dozzina di relazioni scientifiche consultabili nella brochure in allegato (1-2).

Alcune ultime pubblicazioni INGV sul tema:
Sagnotti, L., P. Macrì, R. Egli and M. Mondino (2006), Magnetic properties of atmospheric particulate matter from automatic air sampler stations in Latium (Italy): toward a definition of magnetic fingerprints for natural and anthropogenic PM10 sources, in stampa su J. Geophys. Res.
N. Pinardi, E. Arneri, A. Crise, M. Ravaioli and M. Zavatarelli, 2005. “The physical, sedimentary and ecological structure and variability of shelf areas in the Mediterranean Sea ”. The Sea Vol. 14 (A. R. Robinson and K. Brink Eds.), Harvard University Press, Cambridge , USA , 1243-1330

Per maggiori info: ufficio stampa 06.51860543 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 335.8216561

Sonia Topazio
Capo Ufficio Stampa
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C.S. del 2 ottobre 2006


IL MAR TIRRENO SI ESPANDE AL RITMO DI 20 CM L’ANNO


Nel cuore del Mar Tirreno, ad una latitudine che corrisponde all’incirca a quella della città di Cosenza, il fondo marino si è espanso al ritmo di circa 20 cm all’anno: nuovo materiale è risalito dalle profondità della Terra in un processo di generazione della crosta del tutto simile a quello che avviene nel mezzo dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Pacifico.

“Non volevamo credere ai nostri occhi, quando abbiamo ottenuto le prime immagini magnetiche del fondo del Tirreno che ci hanno evidenziato questa velocità di espansione che è probabilmente la più alta fra quelle osservate sul nostro Pianeta”, riferiscono Iacopo Nicolosi, Fabio Speranza e Massimo Chiappini, ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). La tecnica che ha portato alla scoperta consiste nella realizzazione di una mappa delle anomalie magnetiche, e di una sua successiva elaborazione. Questa analisi mette in evidenza le anomalie del campo magnetico terrestre provocate dalla particolare natura del sottosuolo. Per compilare tali mappe i ricercatori si avvalgono di speciali sensori magnetici posti su aerei, elicotteri o navi che indagano la zona da esplorare.

I ricercatori dell’INGV hanno rielaborato in chiave critica tutti i dati magnetici raccolti nel Tirreno meridionale sin dal 1965 ad oggi dall’INGV, da AGIP, ma anche da altre istituzioni di ricerca ed università.

Che il Mar Tirreno fosse soggetto a un processo di “oceanizzazione”, cioè di lentissima espansione, era noto da tempo ai geologi. Il fenomeno è iniziato ben dieci milioni di anni fa e con accelerazione e rallentamenti è andato avanti fino ai nostri tempi, accompagnato anche dalla nascita di vulcani sottomarini, dall’apertura di fratture profonde e dalla rotazione in senso antiorario dell’Appennino meridionale.

Le nuove elaborazioni sviluppate dai ricercatori INGV non solo confermano che il fenomeno è avvenuto in tempi geologicamente recenti (circa 2 milioni di anni fa), ma anche che è avvenuto a velocità superiore al previsto, tanto da segnare il record mondiale delle velocità di espansione dei fondali oceanici.

Questa scoperta, al di là del valore scientifico, confermato dalla tempestiva pubblicazione sulla prestigiosa rivista internazionale “Geology” (Vol. 34 N. 9, Sett 2006), assume una particolare importanza perché la zona interessata dall’espansione si trova a ridosso del più grande vulcano europeo: il Marsili, un gigante sommerso ancora più grande dell’Etna (50 km di lunghezza e 3000 m di altezza).

“Lì, alla profondità di 3500 metri, c’è la piana abissale su cui si è innalzato il Marsili meno di un milione di anni fa – spiega Fabio Speranza - . E da vari segnali sembra proprio che questo vulcano sia ancora attivo”.

“La ricerca assume anche una grande importanza per i suoi risvolti relativi alla prevenzione e alla previsione dei rischi sismico vulcanico e di maremoto – sottolinea il Professore Enzo Boschi Presidente dell’INGV. Infatti, in questa parte del Tirreno, oltre al Marsili, sorgono numerosi altri vulcani sottomarini (Palinuro, Glauco, Sisifo), e più a Sud quelli emersi dell’arcipelago delle Eolie e di Ustica. Il fondale del Tirreno inoltre è solcato da numerose faglie probabilmente sismogenetiche. Sono tutti validi motivi per dedicare tempo e risorse a questa parte del Tirreno”.


Per maggiori informazioni:

Fabio Speranza: 06. 51860311 - Iacopo Nicolosi: 06.51860059 - Massimo Chiappini: 06.51860313



Sonia Topazio
Capo Ufficio Stampa
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C.S. del 19 settembre 2006


“INGV-Legambiente. Premio Ambiente e Legalità 2006



Il primo caso è venuto alla ribalta della stampa nel giugno 1998: oltre 150 fusti tossici e rifiuti speciali sepolti in una vecchia cava nel comune di Riano Flaminio (RM). Una questione di illegalità ambientale che venne scoperta anche grazie al supporto tecnico-scientifico dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).

Marco Marchetti, geologo, primo tecnologo presso il Laboratorio di Geofisica Ambientale dell’INGV, che da oltre 10 anni si occupa dell’esplorazione geofisica del sottosuolo per l’individuazione di rifiuti interrati e per il contrasto dell’inquinamento sotterraneo, ha ricevuto il premio Ambiente e Legalità 2006 in seno alla manifestazione Festambiente, Festival Internazionale dedicato all’ecologia e alla solidarietà organizzato da Legambiente a Rispescia (GR) e giunto alla sua 18° edizione.

Il premio al merito è stato dato al geologo Marchetti “ per il prezioso contributo scientifico dato alle forze dell’ordine per l’individuazione di siti di stoccaggio di rifiuti tombati”: infatti grazie agli studi e alle ricerche da lui condotti e alla collaborazione col NOE (Nucleo Operativo Ecologico) dell’arma dei Carabinieri, col Corpo Forestale dello Stato e la Guardia di Finanza, ha dato un notevole contributo per la scoperta di numerose discariche e interramenti di rifiuti tossici nel territorio nazionale. Marchetti è stato anche consulente delle Commissioni Parlamentari d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti dal 1997 al 2006.

Grazie al costante impegno di Marco Marchetti e dei tecnici dell’INGV, in questi 10 anni oltre 60 siti sono stati investigati con tecniche geofisiche: da ricordare i numerosi ritrovamenti avvenuti nel basso Lazio e in Campania, le ricerche di fusti radioattivi nei territori di Ferrandina e Craco (MT) dello scorso anno fino alla individuazione di rifiuti speciali pericolosi interrati nella provincia di Ascoli nelle ultime settimane.

Queste particolari attività svolte dall’INGV in campo ambientale, forniscono non solo un efficace strumento tecnico-scientifico di contrasto all’illegalità ambientale per quanto concerne lo smaltimento dei rifiuti tossici, ma contribuiscono anche alla salvaguardia delle risorse naturali del nostro Paese e alla tutela della salute della popolazione stessa.


Sonia Topazio
Capo Ufficio Stampa
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C.S. del 13 agosto 2006


 Il nuovo OBS/H a larga banda dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia


L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha completato con successo i test di un nuovo sismometro a larga banda da fondo mare con idrofono (OBS/H Ocean Bottom Seismometer with Hydrophone).
Il prototipo è stato interamente progettato e assemblato presso l'Osservatorio di Gibilmanna (PA) del Centro Nazionale Terremoti dell'INGV. Si tratta del primo OBS/H a larga banda realizzato in Italia. Il suo sviluppo è avvenuto nell'ambito della convenzione tra INGV e Dipartimento Nazionale di Protezione Civile, e servirà per studi di faglie e vulcani sottomarini, oggi studiati soltanto con strumenti a terra, quindi con minore precisione.
Dopo i test in laboratorio, in camera iperbarica a 600 atm, e al porto di Cefalù, nel mese di luglio è avvenuta la prima deposizione in mare sulla piana batiale del Tirreno a 3.412 metri di profondità, per un test di operabilità, sgancio, deposizione e recupero.
Una volta riarmato, l’OBS/H è stato deposto sulla spianata sommitale del vulcano sottomarino Marsili, alla profondità di 790 metri.
Lo strumento ha acquisito dati sismici e da idrofono per 9 giorni, registrando, tra l’altro, il terremoto di Giava del 17 luglio M=7.2, il terremoto del Golfo di Patti del 18 luglio M=3.4 e del Mare Ionio del 20 luglio M=2.9. Dal nuovo strumento è stata registrata un'attività di tremore e di microsismicità legata al vulcano Marsili non rilevata dalle stazioni sismiche installate a terra.
Il responsabile del progetto, il geologo Giuseppe D'Anna, dichiara che "tutte le operazioni di test, deposizione, recupero ed acquisizione dati hanno pienamente raggiunto gli obbiettivi che ci eravamo proposti in fase progettuale. I dati acquisiti, con un sismometro e con un idrofono, sono di ottima qualità e verranno presto analizzati e resi disponibili. Nei prossimi tre mesi è previsto il completamento del primo pool di strumenti che saranno disponibili ad operare entro la fine del 2006. Tale strumentazione - continua D’Anna - consentirà alla comunità scientifica italiana ed euro-mediterranea di utilizzare al meglio le opportunità e l’esperienza che il nostro Istituto ha acquisito nel monitoraggio sismico in aree marine. Gli strumenti realizzati hanno un’autonomia fino a 20 mesi, potranno quindi essere utilizzati per lunghe campagne sismologiche, per campagne di sismica attivà ed interventi di rete mobile sottomarina in occasione di emergenze”.
"Questo risultato" dichiara Alessandro Amato, direttore del Centro Nazionale Terremoti dell'INGV, "apre una nuova fase nel monitoraggio sismico del Mediterraneo. La prossima sfida sarà quella di avere strumenti di questo tipo che dal fondo del mare inviano direttamente i dati ad una boa di superficie e da questa a terra in tempo reale, allo scopo di tenere sotto controllo le maggiori aree sismiche sommerse e prevenire gli effetti devastanti di eventuali tsunami."

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Sonia Topazio
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C.S. del 27 luglio 2006